L’ecoansia colpisce soprattutto i più giovani

Articolo pubblicato su L’Essenziale, sabato 9 aprile 2022.

Catania, 25 dicembre 2021. Il pranzo di Natale è finito, anche se è inverno fuori ci sono 15 gradi, ma Alice non ha voglia di uscire. Decide di prendersi un po’ di tempo per sé, dopo mesi senza respiro tra la scuola, il volontariato e l’impegno politico. Si butta sul divano e accende la tv: su Netflix è appena uscito Don’t look up, il film con Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence che interpretano due astronomi alle prese con un meteorite che rischia di distruggere il mondo. I protagonisti si affannano per scongiurare questa minaccia, ma nessuno li ascolta. 

Scena dopo scena, Alice sente che il divano sotto di lei diventa sempre più scomodo. Il respiro si fa corto, le viene da piangere. “Il film mi ha riportato la mente alla crisi ecoclimatica”, racconta. “Mi sono sentita in colpa per essermi goduta quel Natale con spensieratezza, facendomi prendere da cose superficiali come il cibo e i regali, quando invece il pianeta sta per morire proprio a causa del nostro stile di vita. Ho capito di aver fatto un errore ad abbassare la guardia: dovevo subito rimettermi in carreggiata”. 

Non è la prima volta che Alice Quattrocchi, 16 anni, vive una crisi di ecoansia, un nuovo disagio sempre più diffuso, in particolare tra i giovani, legato alla preoccupazione per la distruzione della Terra. Il cambiamento climatico sta comportando gravi conseguenze sulla salute umana, non solo fisica, ma anche mentale, e così stanno comparendo nuove problematiche: c’è la solastalgia, l’angoscia che colpisce chi assiste alla degradazione del territorio in cui vive provocata da un disastro ambientale, e l’ecoansia, che è differente perché è legata a eventi che devono ancora verificarsi. 

Mentre negli Stati Uniti l’American psychological association dal 2017 mette in guardia sul fatto che i cambiamenti climatici “stanno colpendo la salute mentale su larga scala”, definendo la climate anxiety come “una paura cronica della rovina ambientale”, in Italia l’ecoansia è ancora poco conosciuta e studiata. Eppure il problema esiste: un sondaggio sui temi della Cop26 rileva che un italiano su due considera la crisi climatica “un problema di gravità massima”. La tutela dell’ambiente rappresenta “una reale necessità” per il 65 per cento degli intervistati, mentre nove su dieci sono pronti a cambiare stile di vita per salvaguardare il pianeta. 

“L’ecoansia, quando non è eccessiva, può anche essere costruttiva, perché serve ad attivarci e a trovare l’energia giusta per cambiare i nostri comportamenti: l’essere umano si muove solo quando si muovono le emozioni”, sostiene Roberta Ramazzotti, psicoterapeuta, che tra i suoi pazienti ha anche alcuni giovani che ne soffrono. “L’ansia è un’emozione fisiologica: se non ci fosse quando attraversiamo la strada, verremmo investiti. Però, quando si intreccia con altri fattori personali, c’è il rischio che diventi patologica e che ci paralizzi”. 

In alcuni casi, l’ecoansia si associa ad altri disturbi, come quelli del comportamento alimentare: “È come se l’essere umano nei confronti della Terra avesse un rapporto simile a quello del neonato con la madre”, spiega Gemma Galeati, psicoterapeuta e psicanalista che ha affrontato casi di ecoansia. “È il pianeta che ci dà il nutrimento: quando capiamo che questa fonte non è inesauribile e vediamo che tutti se ne approfittano, allora siamo noi stessi a rinunciare al cibo”.

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